“Il compito (la missione, quindi la vocazione) della famiglia non può certo fermarsi all’opera procreativa ed educativa, anche se trova in essa la sua prima ed insostituibile forma di espressione. … … Il compito sociale delle famiglie è chiamato ad esprimersi anche in forma di intervento politico …”. (FC, 44)
“Crescete e moltiplicatevi!”
Questo è l’invito che Dio fa risuonare nel cuore dell’uomo e della donna dall’inizio della loro storia. E a questa vocazione l’umanità, nel suo complesso, ha risposto positivamente, e così da millenni generazioni seguono generazioni, e va realizzandosi la promessa fatta ad Abramo “…guarda il cielo e conta il numero delle stelle, se riesci a contarle, tale sarà la tua discendenza.”(Gn 15,5).
Dio esprime un desiderio, e la coppia non solo lo fa suo, ma si impegna fattivamente perché esso si realizzi.
Spesso ci arrovelliamo cercando di capire o di spiegare in che senso e in che modo la coppia è a immagine e somiglianza del suo Creatore, eppure già in questa semplice riflessione iniziale c’è una risposta: è nel nostro condividere con Lui il desiderio di dare la vita a dei figli, è nel realizzare questo desiderio attraverso la nostra unione in corpo e Spirito, modalità che riecheggia l’unione Trinitaria, sempre in atto e sempre attiva nel momento in cui avviene un concepimento.
Ma in questa direzione, possiamo trarre anche altre illuminazioni dal divino “crescete e moltiplicatevi”. Dietro queste parole non possiamo cogliere un invito fine a se stesso, un desiderio egoistico, e tanto meno un ordine; esse in realtà nascono dall’essenza stessa di Dio che è l’Amore, un Amore gratuito ed oblativo, così come si rivela perfettamente nell’Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione del Figlio. Egli vuole sempre nuove creature perché Egli ama le sue creature, perché ha visto, e vede, che “sono cosa buona” e desidera donare loro la sua sublime eredità, vuole che “abbiano vita e ne abbiano in abbondanza”.
Alla luce di questo, spostando nuovamente lo sguardo verso la coppia umana, ecco rivelarsi un nuovo aspetto della nostra immagine e somiglianza a Dio. Anche l’uomo e la donna realizzano in pienezza la loro genitorialità nel momento in cui concepiscono e crescono i figli con questo amore gratuito e oblativo, con questa fiducia nel fatto che essi “sono cosa buona”, e desiderano donargli tutto il meglio che hanno in sé e che siano felici.
Una volta introdotta la prospettiva dell’Amore di Dio, iniziano a dilatarsi a dismisura gli orizzonti dello stesso amore sponsale.
Se lo sguardo paterno del Creatore non si è rivolto solo verso l’Unigenito nel quale si è compiaciuto, ma ciascuna delle sue creature (in qualunque tempo e spazio esse abbiano vissuto, vivano e vivranno), allo stesso modo gli sposi realizzeranno compiutamente la loro vocazione all’amore quando riusciranno ad offrirlo senza limiti, quando riconosceranno degna d’amore ogni creatura amata, voluta e creata dal Signore.
Ecco un ulteriore modo in cui si traduce il nostro essere a immagine e somiglianza della Carità Trinitaria.
Attraverso questa prospettiva “divina”, si amplia e approfondisce il concetto stesso di genitorialità, e più in generale il ruolo stesso che hanno gli sposi in Cristo hanno sulla terra.
Per essere padri e madri non sono necessari i vincoli di carne e di sangue, meno che mai quelli costruiti artificialmente nei laboratori. La vera, imprescindibile, conditio sine qua non, è l’amore, da non confondere certo con il vacuo sentimentalismo, o peggio con quell’ibrido fatto di emozioni, istinto e sesso; l’Amore così come ci è stato instillato nel cuore e ci è rivelato nel Vangelo. L’amore oblativo e gratuito, l’amore che vuole il bene e la realizzazione dell’altro, l’amore che si offre totalmente.
Ecco perché l’impossibilità della genitorialità biologica può trovare una perfetta alternativa nell’adozione o nell’affido, che hanno in sé anche un altro aspetto peculiare della Carità evangelica, ovvero il farsi prossimo a chi si trova nel bisogno e nella sofferenza.
Ma come detto, per gli sposi cristiani la presa di coscienza di essere a immagine e somiglianza di Dio, comporta anche un ampliamento e approfondimento del proprio ruolo come coppia e come famiglia; in particolare determina una necessaria apertura del proprio cuore verso l’esterno, oltre la porta della propria casa, oltre i vincoli della stretta parentela.
La vocazione all’amore degli sposi, infatti, non si esaurisce nella sola relazione coniugale, o in quella con i figli o altri parenti, ma si estende a tutte le relazioni sociali in cui, da soli e insieme, si trovano a vivere quotidianamente.
Nella vocazione degli sposi rientra perciò anche un impegno che può essere definito sociale, o se si vuole anche politico, in quanto orientato a dare un contributo alla costruzione di una società migliore, più giusta, più bella, più umana, più cristiana.
Questo impegno, non è solo conforme all’amore universale che ci ha insegnato il Cristo, ma è insito nel dna della famiglia che della società è “la prima e vitale cellula” (Apostolicam Actuositatem) in quanto “ne costituisce il fondamento e l’alimento continuo mediante il suo compito di servizio alla vita: è infatti da essa che nascono i cittadini e nella famiglia essi trovano la prima scuola di quelle virtù sociali che sono l’anima della vita e dello sviluppo della società” (Familiaris Consortio).
È in famiglia che si scoprono e si mettono in pratica il rispetto della dignità altrui, l’accoglienza, il perdono, il dialogo, la disponibilità disinteressata, la solidarietà, lo spirito di servizio, la responsabilità, insomma tutti quei valori che sono alla base di un vivere sociale “buono”. La famiglia come “scuola di socialità” (FC 43).
Il legame tra le due realtà è davvero profondo, e ben si esplicita in quella grande intuizione della Gaudium et Spes: “il bene della persona e della società umana e cristiana è strettamente connesso con una felice situazione della comunità coniugale e famigliare.” (Gaudium et Spes, 47).
Questo impegno nel mondo rientra nella stessa missione regale e profetica che compete ai coniugi in quanto Chiesa domestica che è immagine della grande Chiesa Universale. Per cui, come imitatori della regalità di Cristo devono porsi al servizio del prossimo in difficoltà, e come profeti illuminati dalla Scrittura e dall’Eucarestia, devono essere luce verso il Regno, ovvero verso ciò che è buono e bello.
Le modalità attraverso le quali i coniugi, e le famiglie in genere, possono realizzare, attualizzare, questo loro impegno nel mondo sono molteplici, si tratta solo di scegliere.
In quest’opera di selezione ci sarà utile prendere coscienza delle nostre competenze e dei nostri carismi, ma soprattutto sarà bene ricordare che si tratta di una vocazione, e che la vocazione è un atto di Dio che elabora un progetto per noi e ci chiama a realizzarlo, ma anche un atto dell’uomo che ascolta questa chiamata, discerne, e liberamente decide se realizzare o meno tale progetto.
La vocazione, nella terminologia cristiana, presuppone dunque un rapporto tra Dio (che chiama) e la creatura (che ascolta e risponde). Se non c’è tale rapporto non c’è neppure la vocazione, o al limite la vocazione si distorce con fissazioni ed errori interpretativi. Se invece questo rapporto c’è, allora troveremo la nostra strada per agire nella realtà che ci circonda. Va da sé che il carattere coniugale dell’impegno, presuppone anche una coniugale fase di ascolto e discernimento, ed è verosimile che quanto più sarà profonda la “coniugalità” di questa fase tanto più luminosi saranno i risultati dell’azione conseguente.
Come detto sono molteplici le modalità dell’impegno, sulla scorta della Familiaris Consortio è pero possibile individuare 2 aree d’intervento particolarmente urgenti: “…i poveri e comunque tutte le persone e quelle situazioni che l’organizzazione previdenziale ed assistenziale delle pubbliche autorità non riesce a raggiungere…”;
“…l’intervento politico: le famiglie devono per prime adoperarsi affinché le leggi e le istituzioni dello Stato non solo non offendano, ma sostengano e difendano positivamente i diritti e i doveri della famiglia. In tal senso le famiglie devono crescere nella coscienza di essere “protagoniste” della cosiddetta “politica familiare” ed assumersi la responsabilità di trasformare la società…” (FC 44).
A queste condivisibili priorità vorremo aggiungere quanto ci suggerisce la nostra personale sensibilità ed esperienza: uno dei compiti sociali della famiglia consiste nel vivere bene le nostre relazioni famigliari, e nel rivelare agli altri ,con la testimonianza delle opere e con le giuste parole, la bellezza della famiglia e dell’essere sposi in Cristo.