Parliamo un pò di spiritualità

Parliamo un pò di spiritualità

Per iniziare, mi piace riportare questo testo di Padre Besnard, op (in “Ces chrétiens que nous devenons”)
“Si crede sempre che la spiritualità consista in un ingrediente speciale, fabbricato nelle officine celesti o anche ecclesiali… e che basti aggiungerlo alla vita come una cosa in più per darle valore agli occhi di Dio; e quasi quasi si arriva a desiderare di nutrirsi solo di questo ingrediente prezioso, di questo sciroppo concentrato, senza più curarsi di mescolarlo alla nostra esistenza banale e terra terra, e anche qualche volta insipida o brutta… che ci sembra solo acqua senza colore né gusto…
Ma la spiritualità è tutt’altra cosa: è prima di tutto la capacità di vivere la propria vita di battezzato per ciò che è realmente: una vita di cui il Cristo ha preso possesso e che è animata dal suo Spirito.
Gesù è il Dio-con-noi, l’Emmanuel: lo è dall’Incarnazione e in un modo così radicale che in un certo senso, non possiamo più impedirgli di essere con noi !”
Così ogni persona ha un modo particolare di vivere la santità cristiana, con sfumature diverse, e ci sono dunque molte spiritualità diverse.
La spiritualità domenicana è uno di questi modi particolari. Come la possiamo definire? Fissando il mio sguardo su San Domenico, mi sono chiesta: come ha vissuto? Quali accenti particolari ha messo in rilievo?
Possiamo dire che San Domenico ha vissuto “una spiritualità degli occhi aperti” (cosi diceva P. Felicísimo Martínez op). Questa spiritualità, lui l’ha vissuta giorno per giorno, nell’apertura alla compassione, nell’annuncio di Cristo, nella preghiera contemplativa, nel confronto con l’altro per cercare la verità, nella comunità.


L’apertura alla compassione

Il cuore aperto alle necessità dei poveri, si può dire che Domenico l’ha sempre avuto… l’ha imparato da sua madre, la Beata Giovanna d’Aza che dava da mangiare ai poveri. Quando troviamo Domenico studente a Palencia, Giordano di Sassonia ci racconta che Domenico fu colpito da compassione vedendo la carestia e vende le sue pergamene per creare un centro di aiuto per i poveri.
Per un futuro clerico, studiare è importantissimo e si sa che Domenico ama molto lo studio. Eppure, dirà: “Non si può studiare su pelli morte quando gli uomini muoiono di fame.”
Questo gesto forte è coerenza con la Parola di Gesù che Domenico medita ogni giorno.
Conosciamo altri gesti di compassione di Domenico per esempio quando è pronto a vendersi per riscattare un prigioniero dei Mori. Domenico è anche pieno di compassione spirituale quando piange – e piange spesso, soprattutto la notte –  per i peccatori o quando cerca di convincere gli eretici a cambiare strada.
E per noi? Lasciarsi toccare il cuore dall’Amore stesso di Dio che è Misericordia… chiedere al Signore il suo stesso sguardo sulle persone, il mio coniuge, i miei figli… è uno sguardo che va dietro l’apparenza e guarda il fondo della persona, cerca di capire dal di dentro… lasciarsi disturbare dal suo comodo, dalla quotidianità o dalle tante cose da fare… e aprire gli occhi… sviluppare una sensibilità a cogliere le situazioni che ci circondano.
Gli altri ci mandano dei segnali di aiuto, di ascolto, di considerazione – e quanto questo si verifica nelle nostre famiglie! – siamo pronti a “vendere” un po’ del nostro prezioso tempo o altre cose per venir incontro a chi ci chiede aiuto ?


L’annuncio di Cristo

E’ chiaro che lo scopo dell’Ordine dei Predicatori è predicare! Ma come?
La spiritualità domenicana si costruisce attorno alla predicazione e ad uno certo “stile”di annuncio di Cristo. Come predicava San Domenico?
La “conversione” di Domenico, e dunque l’origine dell’Ordine dei Predicatori, si può situare nell’esperienza dell’incontro con i Catari nel Sud della Francia nel 1203-05, più precisamente nel dialogo, durato tutta la notte, con l’oste cataro a Tolosa.
Domenico accompagnava il suo vescovo Diego in una missione diplomatica del re di Castilla… non andava in “campagna di predicazione”!! E’ sorpreso dall’evento. E’provocato da ciò che vede e sente, dalla situazione di tanti eretici nel Sud della Francia. Apre gli occhi e si interroga : “Cosa posso fare io?”

  • una predicazione come risposta a delle domande scomode della gente

  • una predicazione nella consapevolezza che non predichiamo noi stessi, la nostra “ideologia”, e nemmeno una Istituzione potente come la Chiesa (era appunto questa Chiesa che era l’ostacolo per tornare ad essere cristiano) ma predichiamo CRISTO, una persona

  • una predicazione che per Domenico sgorga dal suo cuore che brucia di amore per Cristo, dunque frutto di un’esperienza, di una relazione intima e personale con il Salvatore.

E per noi?  Sviluppare un’attenzione alle persone, all’evento; non con una predicazione morale ma una predicazione con gli occhi aperti sulla grazia, che ripone cioè la fiducia in Dio che ama sempre e di conseguenza la fiducia in se stessi. Soprattutto nell’educazione ai nostri figli, insistere sulla “positività” e sull’autostima.
Mettere al cuore il CRISTO … e questo ci porta al terzo elemento:

La preghiera contemplativa

Non è possibile predicare se non si contempla Dio. I testimoni di Domenico ci dicono che dava il giorno al prossimo e la notte a Dio. Qualche anno fa, il movimento della Famiglia Domenicana di Spagna aveva inventato un simbolo della spiritualità domenicana: era un gufo, simbolo della sapienza, con un occhio aperto e un occhio chiuso… ma in realtà aperto all’interno, cioè nella contemplazione.  
La preghiera di Domenico è relazione profonda con Dio e la sua Parola che rimugina in continuazione; e cosi la sua predicazione è convinzione vissuta, è trasmissione di valori che vive, è esperienza di amore e di amicizia con Dio.
E’ una preghiera con gli occhi aperti, perché porta al Signore le situazioni delle persone incontrate e porta alle persone il conforto e la presenza di Dio.
E per noi? Vivere a questo livello di interiorità, prendere il tempo per una preghiera più personale quando è possibile.
E nell’educazione, cosa trasmettiamo? Non solo delle norme di comportamento, ma molto di più: delle convinzioni personali e dei valori che cerchiamo di vivere anche noi. E’ importante dare il “perché” dei comportamenti morali, sociali e religiosi.


Il confronto con l’altro per cercare la verità

Gli incontri di Domenico con i Catari si svolgono sotto forma di “dispute”, cioè un confronto biblico e teologico che dura una settimana e in cui si discutono i vari argomenti cristiani o catari. Si cerca di convincere con il ragionamento, con testi biblici, con la parola (e non con la violenza).
Si cerca di capire la posizione dell’altro e di avanzare verso “la Verità” che è Cristo stesso. Questo implicava anche uno studio serio della Parola di Dio e di altri testi teologici.  
Questa ricerca della Verità che parte dall’intelligenza e dalla razionalità è stata vissuta e proposta anche da un altro grande domenicano, San Tommaso d’Aquino.
E per noi? Nei nostri rapporti, compresi quelli di coppia e con i figli, cercare di sviluppare questa forma di dialogo. La nostra disposizione dovrebbe avere come base la ragione (e non la sola emotività), che cerca di capire la posizione dell’altro, l’elemento giusto e vero nell’argomentazione dell’altro, perché anche l’altro ha qualcosa di buono e di giusto da dirmi.
Dunque, ascolto, apertura, e rispetto per cercare insieme “i semi del Verbo” (di cui parlava già S. Giustino nel 2° sec). Ma questo non vuol dire essere senza certezze o cambiare posizione ogni cinque minuti! Richiede invece una fermezza e delle convinzioni profonde, ma pronte ad aprirsi a nuovi significati.


La comunità

Domenico è stato formato alla scuola della comunità, prima a Osma quando professava la Regola di Sant’Agostino, che ha come fondamento la vita degli Apostoli: essere “un cuor solo e un’anima sola”.
Poi negli anni della Santa Predicazione nel Sud della Francia, quando percorre le strade insieme ad altri religiosi, all’inizio con i Cistercensi e poi con i suoi Frati. Andavano due a due (come i Catari!) per seguire il modello degli Apostoli. Nelle Costituzioni dei Frati Predicatori, la comunità sarà sempre un punto forte.
Per una testimonianza interna: la fraternità domenicana è sostegno per cercare insieme e costruire insieme.
Per una testimonianza esterna, quella dell’amore vicendevole: “E’ all’amore che avrete gli uni per gli altri che vi riconosceranno come miei discepoli.”
E per noi? Una famiglia costruita sui rapporti di amore degli uni verso gli altri è veramente una preziosa testimonianza per il mondo di oggi! E’ una predicazione senza parola ma che afferma che è possibile vivere insieme dei valori forti: rispetto e attenzione, ascolto e dialogo, tenerezza e perdono, aiuto e sostegno reciproco nella complementarietà.
Occhi aperti per mettersi al servizio degli altri.

Per concludere mi piace ricordare che quando i contemporanei descrivono San Domenico, insistono sulla gioia che irradiava da lui: “ L’equilibrio sereno del suo interno si manifestava al di fuori nella bontà e gaiezza del volto. Durante il giorno, nessuno più di lui si mostrava socievole, nessuno era più gioviale”. (Giordano di Sassonia, Libellus)

Questo è anche il nostro desiderio: vivere sempre meglio la nostra spiritualità domenicana per assomigliare di più al nostro Padre Domenico!

Suor Teresa