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Nella sua visita al carcere di Regina Cieli a Roma, il 26 dicembre 1958, Giovanni XXIII suscita un applauso interminabile da parte dei carcerati a un punto preciso del suo saluto: “quando scrivete la prossima volta a casa dite che il Papa prega per le vostre moglie e sorelle … .” Nominare i familiari, tocca il cuore dei carcerati e rende la persona del papa e quanto dice molto vicino a loro, tanto vicino e desiderabile che un ergastolano in lacrime chiederà al Santo Padre: “Ma quanto ha detto vale anche per me?”
Che cosa ricordiamo del “discorso della luna” la sera dell’ 11 ottobre 1962, giorno dell’apertura del Concilio Vaticano II?
Le parole del papa che saluta così la folla radunata in piazza S. Pietro: “Tornando a casa troverete i bambini. Date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa.” Il Papa buono è percepito buono perché “familiare” a tutti.
“Ecco, figli carissimi, in questo momento ci pare proprio di entrare personalmente, come il padre delle anime vostre, in ciascuna delle vostre case: casa degli amici ferventi del Signore …, casa degli amici tiepidi, … dei nemici, …
Ci sembra di entrare specialmente in quelle case ove abitano famiglie numerose, … case del dolore, …. dell’indigenza. … Vorremmo come Gesù e con Gesù entrare nelle case dei potenti, esprimere anche a loro l’intima partecipazione del Nostro affetto ai loro affetti più cari e più grandi e porgere Noi ad essi, con i desideri, i voti di tutti gli uomini.” Giovanni XXIII porta Gesù a casa, in famiglia. Attraverso il Papa, attraverso la Chiesa Gesù, “entra nelle case”.
Quando la mattina del 11 ottobre 1962 nel suo discorso di apertura del Concilio il Papa suggeriva ai padri conciliari che “altro è il deposito della Fede, cioè le verità che sono contenute nella nostra veneranda dottrina, altro è il modo con il quale esse sono annunziate, sempre però nello stesso senso e nella stessa accezione. Va data grande importanza a questo metodo e, se è necessario, applicato con pazienza; si dovrà cioè adottare quella forma di esposizione che più corrisponda al magistero, la cui indole è prevalentemente pastorale.”
Con grande probabilità una delle caratteristiche del metodo “pastorale” a cui il Papa pensava era proprio questo scoprire la Chiesa in famiglia.
Troviamo nei testi conciliari un modo semplicissimo con il quale i padri conciliari sono riusciti a realizzare il progetto “roncalliano” di portare le grandi verità della fede vicino alle persone dentro e fuori della Chiesa, “a entrare nelle case come Gesù e con Gesù”.
Sono due le espressioni che conferiscono a tutti i testi conciliari un effetto particolarmente personalizzante:
1° Il termine “Chiesa domestica” per indicare la famiglia.
2° Il mondo degli uomini, definito come “l’intera famiglia umana nel contesto di tutte quelle realtà entro le quali essa (la Chiesa) vive” .
Indicare la famiglia come “Chiesa domestica” è alla lettera quanto Giovanni XXIII realizza nelle sue parole, gesti e relazioni. e significa: “la Chiesa é a casa nostra. “Chiesa a casa nostra” diventa una chiave ermeneutica per la lettura dei testi conciliari. Ovunque compare la parola “Chiesa”, tra parentesi si può aggiungere “a casa nostra”.
In quanto la famiglia immersa nella Beata e Vicina Trinità è partecipe di tutto il mistero della Chiesa, perciò il Papa, il vescovo, il parroco fanno intimamente parte della mia famiglia. L’evento dell’eucaristia è l’evento che fonda e arricchisce e libera continuamente le relazioni, le azioni e gli eventi della nostra vita familiare.
La storia di Abramo, di Mosè, di Davide, di Pietro è la nostra storia familiare. L’indole escatologica della Chiesa, la visione del Dio trino ed uno è la nostra prospettiva familiare. Ogni membro familiare è perciò profondamente partecipe di tutta la Chiesa. Tutta la Chiesa è la mia famiglia.
Con un’operazione analoga, il Concilio reinterpreta la concezione della civiltà contemporanea.
Gaudium et spes dichiara che l’umanità intera è la mia famiglia quando afferma: “A tutti vuol esporre come esso (il concilio) intende la presenza e l’azione della Chiesa nel mondo contemporaneo. Il mondo che esso ha presente è perciò quello degli uomini, ossia l’intera famiglia umana nel contesto di tutte quelle realtà entro le quali essa vive.”
Proprio a causa della nostra appartenenza ecclesiale, non solo tutta la Chiesa è a casa nostra ma anche tutta l’umanità. Di fatto la condizione battesimale mi immerge nella condizione di vicinanza che Gesù risorto ha con tutta l’umanità. Vicinanza amorosa e competente che è più che “familiare” e di cui appunto il “familiare” è la metafora più efficace.
Lavoro, cultura, politica, economia, pace, organismi internazionali sono aspetti della mia vita familiare planetaria, tutti aggiornati alla centralità e bellezza della persona umana: “Poiché si offre ora la possibilità di liberare moltissimi uomini dal flagello dell’ignoranza, è compito sommamente confacente al nostro tempo, in specie per i cristiani, lavorare indefessamente perché tanto in campo economico quanto in campo politico, tanto sul piano nazionale quanto sul piano internazionale, siano prese le decisioni fondamentali, mediante le quali sia riconosciuto e attuato dovunque il diritto di tutti a una cultura umana conforme alla dignità della persona, senza distinzione di razza, di sesso, di nazione, di religione o di condizione sociale.”
Il Concilio affida alla famiglia questa interpretazione che mette al centro la persona nella sua integralità nella famiglia nella Chiesa e nell’umanità: “Oggi vi è più difficoltà di un tempo di ridurre a sintesi le varie discipline e arti del sapere.
Mentre infatti aumenta il volume e la diversità degli elementi che costituiscono la cultura, diminuisce nello stesso tempo la capacità per i singoli uomini di percepirli e di armonizzarli organicamente, cosicché l’immagine dell'”uomo universale” diviene sempre più evanescente.
Tuttavia ogni uomo ha il dovere di tener fermo il concetto della persona umana integrale, in cui eccellono i valori della intelligenza, della volontà, della coscienza e della fraternità, che sono fondati tutti in Dio Creatore e sono stati mirabilmente sanati ed elevati in Cristo.
La famiglia anzitutto è come la madre e la nutrice di questa educazione; in essa i figli, vivendo in una atmosfera d’amore, apprendono più facilmente la gerarchia dei valori, mentre collaudate forme culturali vengono quasi naturalmente trasfuse nell’animo dell’adolescente, mano a mano che si sviluppa.” La famiglia è in grado di creare questa “atmosfera d’amore” se i coniugi vivono e percepiscono se stessi come “persone umane integrali”, e coltivano di se stessi e dell’altro “l’immagine della donna universale e dell’uomo universale”.
Il Concilio in modo molto innovativo e audace indica il luogo e l’azione nei quali avviene questa celebrazione coniugale della preziosità della persona con conseguente consapevolizzazione: “Proprio perché atto eminentemente umano, essendo diretto da persona a persona con un sentimento che nasce dalla volontà, quell’amore abbraccia il bene di tutta la persona; perciò ha la possibilità di arricchire di particolare dignità le espressioni del corpo e della vita psichica e di nobilitarle come elementi e segni speciali dell’amicizia coniugale.”
Le espressioni del corpo nell’intimità coniugale “abbracciano il bene di tutta la persona” di cui Gaudium et spes illustra i vari livelli.
Il Concilio individua perciò il luogo e la relazione dove nasce la persona umana, la vita coniugale intima e la vita familiare, come il primo soggetto della realizzazione del progetto conciliare “umanità come famiglia” che promuove la persona integrale, “l’uomo universale”.
“Un tale amore, unendo assieme valori umani e divini, conduce gli sposi al libero e mutuo dono di se stessi, che si esprime mediante sentimenti e gesti di tenerezza e pervade tutta quanta la vita dei coniugi anzi, diventa più perfetto e cresce proprio mediante il generoso suo esercizio.”
L’espressione “unendo assieme valori umani e divini” segnala che l’amore intimo coniugale riguarda, rivela “tutta quanta la vita dei coniugi”, vale a dire anche la sua condizione battesimale che rende “compartecipi della natura divina” le cui implicazioni illustra il documento Lumen Gentium.
Queste parole del Concilio Vaticano illustrate nella Lumen Gentium e Gaudium et Spes, implicano un’interpretazione molto ricca della persona umana e cristiana.
Stupisce che il mondo dei testi conciliari presuppone come orizzonte di comprensione della vita coniugale intima e del progetto educativo della famiglia cristiana proprio questa concezione culturale ed ecclesiale della persona umana degli stessi testi conciliari.
“Comprendere, vale a dire comprendere se stesso davanti al testo. Non imporre al testo la propria capacità limitata di comprensione, ma di esporsi al testo e di ricevere da lui un sé più vasto.”
Il testo conciliare invita perciò il lettore ad osare di comprendersi alla luce della vita familiare intesa in tutta la sua ricchezza ecclesiale, civile e culturale, invita a una vera e propria interpretazione di se stessi e di Dio in luce nuziale e familiare.
I capitoli che seguono cercano di cogliere almeno in parte questa sfida conciliare.