Amore coniugale e fecondità
di Bruno Ferrero
Di fronte alle scelte di procreazione ci troviamo di fronte a due atteggiamenti opposti:
La paura del figlio, fondata su difficoltà concrete o sulla scelta di mettere a posto altre cose, ritenute più essenziali nella vita di coppia. La procreazione viene sistematicamente evitata con la contraccezione fino a non escludere l’aborto.
Il desiderio del figlio ad ogni costo, quasi che se ne avesse il diritto, con le nuove prospettive aperte dalla scienza, che permettono il concepimento al di fuori dell’unione sessuale; questo atteggiamento nasconde, a volte, la visione del generare come un fatto tecnico, secondo la logica della produzione di un nuovo prodotto.
In tutti i casi si tende a separare l’amore dalla procreazione, l’aspetto unitivo dal procreativo.
Occorre che la coppia cristiana riscopra il rapporto tra amore coniugale e fecondità.
La fecondità è il frutto e il segno dell’amore coniugale, la testimonianza viva della piena donazione reciproca degli sposi (familiaris consortio n 28).
Il figlio non è una espansione all’esterno dell’amore ma è frutto di questo amore, in quanto è nel rapporto uomo-donna l’orientamento a generare la vita.
Un amore coniugale che non aspirasse ad incarnarsi nel figlio non sarebbe autentico.
Il figlio è il banco di prova dell’amore coniugale.
Il dramma della sterilità non annulla il valore dell’amore coniugale, in quanto non si è fecondi solamente per una capacità biologica ma soprattutto nella capacità di donare la vita e quindi anche attraverso l’adozione e l’affido.
Il senso del generare
La generazione non può essere ridotta ad un fatto puramente biologico: essa investe il tutto della persona.
Questa esperienza nasce dall’amore, cresce e si manifesta nell’amore. Il figlio può essere generato solo nell’amore e per amore, attraverso l’atto coniugale.
Il generare è collaborazione con l’Amore di Dio, creatore e padre. E’ procreare e quindi partecipazione della creazione divina.
Gli sposi divengono così servitori gioiosi del disegno di Dio. Il generare umano è un atto di libertà e fiducia nella vita e il figlio non è proprietà dei genitori ma viene donato.
L’atto del generare è accogliere un dono di Dio e il primo atto educativo è la capacità di riconoscere nel figlio questo dono divino.
Procreazione responsabile
Responsabilità significa prima di tutto disponibilità incondizionata ad accogliere il figlio come dono divino, e frutto della sua benedizione.
Procreazione responsabile non significa avere tanti figli ma che prima ancora di aver figli deve esserci la disponibilità ad accoglierli e la coscienza della chiamata a cooperare con Dio.
In questa ottica non esistono gravidanze non volute o figli nati per sbaglio, ma figli chiamati alla vita da Dio.
I genitori devono essere consapevoli che non possono procreare per caso, anche Dio ci ha pensati e ci ha scelti prima della creazione del mondo (Efesini 1,4).
Programmazione delle nascite significa entrare nel progetto di Dio e ogni nascita è affidata alla coscienza dei genitori.
Essere genitori è cercare di prendere le decisioni opportune cercando sinceramente la volontà di Dio. Per esser degni collaboratori di Dio gli sposi impareranno a valutare le scelte più opportune da fare sulla base “del proprio bene personale e di quello dei figli tanto di quelli che sono nati che di quelli che si prevede nasceranno, valutando le condizioni di vita del proprio tempo e del proprio stato di vita, delle condizioni materiali e spirituali della coppia”, (Gaudium et Spes n 50).
La fatica di educare – Il decalogo dei genitori
Come crescere sani i figli? Dovremo aiutarli a realizzare se stessi nella loro originalità, a sviluppare un buon concetto di sé, ad essere autonomi e capaci di scegliere il bene, ad amare la verità, la vita, le persone.
Non potremo dar loro l’amore di Dio se in noi non ci sarà fede viva e amore sincero verso Dio e verso il prossimo. Questo è il dono più grande che i genitori possono dare ai figli, ancora più grande della vita stessa.
Aiutare a crescere, essere autorità non significa dare ordini o decretare leggi, ma essere modelli di vita.
Il genitore non deve sostituirsi, ma responsabilizzare. Sostituirsi al figlio, fare le cose al suo posto, non aiuta il bambino ad affrontare i sacrifici e la fatica di vivere, lo aiuta a dipendere dagli altri, a pretendere dagli altri. I figli non hanno bisogno di servi o serve, di sguatteri o sguattere, hanno bisogno di genitori che li guidino a sapere affrontare la vita.
Compito dei genitori è:
1) Sviluppare il rispetto profondo della dignità personale. Ogni figlio è originale, diverso dagli altri, non deve scimmiottare nessuno, ognuno è un’immagine originale di Dio.
2) Essere più che apparire: si educa in base a ciò che si è, più che in base a ciò che si ha, si sa, si dice o si fa.
3) Imparare a dialogare in maniera autentica, a confrontarsi e a discutere insieme, tra genitori, figli, insegnanti, sacerdoti, etc.
4) Essere generosi, capaci di farsi carico della vita. Amare la vita, comunicare il gusto di vivere.
5) Essere coerenti. Quando non si è coerenti i figli diventano insicuri, si disorientano. L’accordo dei genitori, la coerenza dei messaggi danno sicurezza. Il bambino sa ciò che deve fare e cosa deve evitare.
6) Dare le ragioni e i motivi dell’agire educativo. Il genitore aiuta il figlio a capire che le richieste che si fanno sono ragionevoli.
7) Cogliere il positivo nell’agire dei figli, dimostrando di credere nelle loro possibilità e capacità, suscitando così la fiducia e la speranza di farcela, aiutandoli ad assumersi le loro responsabilità.
8) Permettere ai figli di fare esperienza accettando il rischio di qualche errore. Non si cresce senza la possibilità di “provare”. All’inizio faranno molti errori, ma un ambiente accogliente e fiducioso li aiuterà a operare sempre scelte più giuste.
9) Introdurre i figli alla comunità e al rapporto con Dio. La famiglia deve essere una scuola di solidarietà, di vivere insieme agli altri, di amore per ogni uomo, di apertura alla società. La religiosità è il senso profondo delle cose e della vita, è capacità di vivere e di scoprire nei fatti e negli avvenimenti una presenza misteriosa che dà fiducia e speranza, suscita adorazione e gratitudine.
10) Crescere insieme ad altri educatori e genitori, scambiarsi esperienze e sostegno, amicizia e responsabilità, è la forza che abbatte gli ostacoli.
Amare i figli con il cuore di Dio
Abbiamo visto che i figli sono dono di Dio.
Quando ci siamo sposati il sacerdote ci ha rivolto una domanda: “Siete disposti ad accogliere responsabilmente e con amore i figli che Dio vorrà concedervi e a educarli secondo la legge di Cristo e della Chiesa?”. Si tratta quindi di essere educatori della loro umanità e del loro essere cristiani.
Non si è chiamati solo a generare ma a educare, comunicare valori, umanità, senso della vita, gioia di vivere. Questo è il grande compito dei genitori.
Come essere educatori responsabili e non solo allevatori?
L’atto di mettere al mondo un figlio e sicuramente l’impegno più compromettente che la coppia si assume. Preoccupa una certa mentalità diffusa della faciloneria: è l’atteggiamento di chi vizia i figli “tutto facile, tutto subito”, così che si plasma una persona che pretende sempre, non si accontenta mai, è insoddisfatta, si aspetta dagli altri, è senza spina dorsale.
Non esistono ricette. Una cosa è certa: il compito educativo è un compito di amore. Amare la vita, saper comunicare la gioia di vivere, incoraggiare ogni sforzo sono i punti essenziali di ogni azione educativa.
La vita dell’uomo è come una partita a scacchi: il futuro dei giochi dipende soprattutto dalle prime mosse fatte dai genitori.
Una cattiva impostazione dell’azione educativa renderà difficile le mosse successive.
Lentamente il figlio che cresce diventerà protagonista e responsabile e saprà giocare la sua partita. Di fronte a questi impegni può nascere un senso di incapacità, la paura di non essere all’altezza, il timore di sbagliare, i sensi di colpa con conseguenze immaginabili.
Il figlio nasce dall’amore dei coniugi, va educato da entrambi i genitori in un clima di amore; fare bene il coniuge è perciò il primo dovere per essere un buon genitore. La perdita della serenità familiare o, peggio, la perdita dell’affetto di uno di entrambi i genitori è una esperienza dura che impedisce una crescita serena ed equilibrata.
Il figlio nel progetto di Dio
Il figlio scombussola profondamente la vita di coppia, costringe i coniugi a rivedere abitudini, impegni, orari, divertimenti. Diventare genitori comporta cambiamenti profondi nella vita dei coniugi, un neonato non chiede qualcosa, chiede tutto. Se i coniugi non sono maturi rischiano di temere di perdere la loro intimità, possono esplodere contraddizioni, rivalità, paure nascoste. Questo è il momento in cui bisogna credere nella forza della coppia e nella grazia di Dio.
Una coppia matura diventa famiglia quando si avvale positivamente della nascita dei figli: vi è maggiore distribuzione dei compiti, delle fatiche, dei ruoli; vi è maggiore comunicazione tra i coniugi.
Genitori non si nasce, si diventa: i figli aiutano a crescere, inducono a diventare più aperti, più generosi, a mettere a confronto i rispettivi valori.
Il figlio non è un vaso da riempire: è un fiore originale ed unico da far crescere. I figli non sono nostri, sono figli di Dio. I genitori sono il binario per condurre i figli a Dio. Ecco perché i genitori cristiani portano i figli al fonte battesimale!
I genitori in questo compito difficile non si devono scoraggiare. Mentre consegna un figlio ad una coppia, Dio garantisce anche la sua presenza nel grande impegno dell’educazione.
(fonte laquercimillernaria)