Titolo: Carnage (Carneficina)
Cari amici del Movimento Domenicano delle Famiglie,
il film che vi proponiamo questo mese, dal titolo inquietante, è l’ultimo lavoro del regista statunitense di origine polacca Roman Polanski, Carnage (Carneficina), uscito nelle sale italiane il 16 settembre 2011.
Come di consueto, in questa piccola rubrica non troverete una analisi cinematografica dei film presentati, ma il tentativo di guardare con occhi familiari le opere del grande schermo.
Veniamo a noi. In un elegante appartamento di New York si incontrano due famiglie borghesi. Lo scopo è quello di parlare civilmente del litigio avvenuto tra i loro due figli maschi. Anzi, la scena iniziale ritrae le due coppie che, davanti al computer, hanno appena terminato di redigere un atto di transazione con il quale i genitori del presunto responsabile si impegnano a riparare il danno al danneggiato.
Sembra tutto a posto ma la madre della vittima, al momento del saluto tira fuori una parolina, un concentrato di rabbia e risentimento, sapientemente mascherato, ma che arriva al bersaglio. E’ l’inizio di una discussione che farà cadere, piano piano, ogni inibizione, ogni tentativo di apparire compiti, eleganti, controllati e romperà alleanze tra marito e moglie, per vedere nuove coalizioni dal sapore antico ed infantile (maschi contro femmine).
I protagonisti si dicono di tutto senza inibizioni, aiutati da una buona dose di alcol che inizia a circolare a metà film. I mariti si sfogano dicendo quello che non hanno mai osato dire palesemente alle loro mogli mentre quest’ultime possono manifestare la loro sincera delusione alla vista del vero volto dei loro mariti.
Sapiente, ironica, realistica la scena finale del film, dove la stessa telecamera che aveva ripreso l’improvviso litigio tra i ragazzi, riprende ora, sempre da lontano, con in sottofondo i rumori del parco, i ragazzi che si sono rappacificati e che discorrono, tra di loro, come se nulla fosse stato.
Lo sguardo familiare
Cosa c’è di interessante nel film per una famiglia? Se ci consentite un tocco di scontatezza, innanzitutto l’ambientazione. La casa, i personaggi, il motivo di incontro, tutto parla di famiglia e della sua vita intima e quotidiana. Appare subito evidente che l’incidente tra i figli è vissuto, dalle madri, come un’occasione per tirare fuori tutto quello che hanno di inespresso, di non condiviso con i mariti.
Una grande occasione per far finalmente galoppare l’ansia troppo a lungo controllata. Mentre dai papà, neanche a dirlo, come una grande, ennesima scocciatura da chiudere in fretta. La psicologia uomo donna viene descritta con le caratteristiche che ognuno di noi, se si lasciasse andare, potrebbe vivere e sperimentare.
Altro elemento fondamentale nella pellicola è il rapporto di coppia. O meglio, l’assenza di un sincero rapporto a due tra i protagonisti. I mariti sopportano, ma per poco e le mogli incalzano, ma con successo ed a loro danno, ottenendo dai mariti solo la deludente sincerità che covava da lungo tempo nei loro pensieri.
Gli uomini, stretti alle corde, finalmente confessano il loro interesse esclusivo per i piaceri più elementari dell’esistenza mentre le signore, per evadere dalla realtà familiare e quotidiana, che considerano frustrante, si percepiscono come votate a cosa più alte (emblematica Jodie Foster che sogna di dedicare la sua vita alle popolazioni africane).
Il cinismo regna sovrano e la conclusione sembra essere: non c’è niente da fare, l’uomo tenta di elevarsi, di mostrarsi buono e compassionevole, ma non ci riesce. Uomo e donna tentano di incontrarsi, ma non ce la fanno, sono troppo diversi, pensano a cose inconciliabili tra di loro.
Piccole considerazioni
Perché vedere Carnage? Che c’entra un film così catastrofico con quello che dovrebbe essere una famiglia, luogo di accoglienza e comprensione?
Proviamo a rispondere?
In primo luogo perché ci rappresenta in modo vivace e sincero come non vorremmo essere e cosa non fare come famiglia.
In secondo luogo perché è un meraviglioso elogio alla comunicazione di coppia, totalmente assente nei protagonisti.
Ed anche perché ci rivela gli effetti nefasti della lontananza dal mondo dei propri figli.
Da non trascurare l’attenzione che l’autore pone alla frustrazione individuale di ognuno, a parte l’avvocato, naturalmente, tutto preso dal suo cinismo (che di per se è già il più grande fallimento dei sentimenti).
Ma tutti questi elementi negativi non ci fanno desiderare il vero volto della famiglia, il luogo ove le diversità si cercano e si incontrano?