Normalmente gli sposi giungono al giorno delle nozze felicissimi, e nel cuore cullano la speranza che quella felicità, e con essa il loro amore, durino per sempre.
La contemporaneità, tristemente fedele ad un millenario disincanto, tende a pensare che questo desiderio sia un’illusione alimentata dalle fiabe lette da bambini e da residui fuochi adolescenziali, e non riconosce in esso un’impronta divina, una manifestazione di quel nostro essere a immagine e somiglianza di un Dio che è l’Eterna Gioia e l’Eterno Amore.
È vero però che poi la concretezza dell’esperienza sponsale e famigliare conosce i suoi momenti di crisi e di dolore, e sembra dar ragione alle visioni pessimistiche.
In questi frangenti si fa largo l’idea di essersi davvero illusi circa la possibilità di essere felici e di amarsi per sempre, e non di rado quanto più forte è stata la speranza tanto più grande è la sofferenza. Come nelle cadute, nelle quali ci si fa tanto più male quanto più in alto si è saliti.
Davanti a queste delusioni il desiderio di gioia e d’amore non cessa negli sposi, quell’inclinazione resta. Come una voce che continua a chiamare.
Normalmente tre sono le opzioni che la coppia persegue dopo lo scontro con la realtà conflittuale:
uno dei coniugi, o entrambi, assolutizzano quel desiderio ricercandone una soddisfazione immediata e slegata dall’altro/a, che anzi, è percepito/a come un ostacolo da rimuovere e sostituire con qualcuno/a o qualcosa;
la coppia rinnega quel desiderio e accetta fatalisticamente la realtà conflittuale come l’unica delle realtà possibili, e continua a portare avanti la relazione in modo frustrante e falso;
la coppia sente e custodisce quel desiderio, percepisce le difficoltà che ne ostacolano la realizzazione e si pone in cammino per cercare insieme le soluzioni. La coppia in questo caso crede in quel desiderio, ne riconosce l’origine e capisce/riconosce che la sua attuazione si realizza solo attraverso un percorso che giungerà alla sua pienezza solo nella piena comunione con Dio.
Così come alla Verità non si perviene di colpo ma attraverso varie tappe di crescita della conoscenza, così anche per la Gioia vera e l’Amore totalizzante si richiedono vari passaggi, un processo di progressivo avvicinamento.
È questa l’indole escatologica della coppia cristiana, della loro Chiesa domestica, a cui si possono perfettamente applicare le parole con cui la Lumen Gentium apre il suo VII Capitolo dedicato appunto a “L’indole escatologica della Chiesa peregrinante…”:
“La Chiesa, alla quale tutti siamo chiamati in Cristo Gesù e nella quale per mezzo della Grazia di Dio acquistiamo la santità, non avrà il suo compimento se non nella gloria del Cielo…”
La pienezza di Gioia ed Amore, è un’indole della Chiesa domestica, un’inclinazione donata dal Signore che ha voluto la coppia a sua immagine e somiglianza. Un’inclinazione divina, e dunque da assecondare.
Su come assecondarla ci dà un utile orientamento ancora lo stesso capitolo della Lumen Gentium.
In esso, la parola/concetto che ritorna significativamente con più frequenza è “L’Unità”, declinata su più dimensioni e relazioni, e che trova la sua perfetta realizzazione nella Trinità infinita.
È questo il modello a cui la Chiesa domestica deve guardare, e tendere.
Ma per poter imitare è pur sempre necessario conoscere.
Ecco dunque il primo impegno per la coppia cristiana: approfondire il mistero trinitario, fin dove ci è concesso dalla Grazia divina, nella consapevolezza che non potremo mai perfettamente possederlo.
Eppure già molto è alla nostra portata, e questo molto è già in grado di santificare le nostre giornate e le nostre vite.
Il modello trinitario chiama la coppia innanzitutto al dialogo, nel quale il coniuge rivela tutto se stesso e accoglie per intero tutta la rivelazione dell’altro/a.
La crisi inizia quando nelle mie orecchie non c’è spazio per il racconto del coniuge e/o quando le orecchie del mio coniuge per me non sono più quel porto sicuro in cui io deposito me stesso, le mie gioie e i miei dolori.
Solo se dico al mio coniuge cosa mi fa felice, cosa mi fa star male, come mi piace essere amato, egli potrà compiere consapevolmente delle azioni che mi fanno piacere, e viceversa.
Il super modello trinitario illumina l’unità della coppia ancora con la perfetta compartecipazione delle Tre Persone. Il Padre è totalmente nel Figlio ed il Figlio è totalmente nel Padre, e così avviene per lo Spirito in relazione al Padre e al Figlio.
Per i coniugi questo si realizza nel momento in cui l’uno fa sua la vita dell’altro, in pensieri, parole ed azioni e dona se stesso all’altro interamente. L’uno si sente vicino all’altra anche nella distanza spaziale, e ciò che compie, pensa e dice nel corso della giornata, lo percepisce come fatto detto e pensato insieme. Sublimazione di questa compenetrazione diviene l’unione intima da cui scaturisce o può scaturire la terza vita, il figlio, nella cui persona converge l’amore dei due sposi, che non si ameranno più solo reciprocamente ma anche attraverso questo comune amore per un terzo.
Il capitolo della Lumen Gentium, come accennato, declina anche su altri livelli il processo unitario necessario alla Chiesa pellegrina verso il compimento della sua indole escatologica.
L’unità al Corpo e al Sangue di Cristo Redentore
L’unità con la Chiesa Celeste.
L’unione al corpo e sangue di Cristo è un’irrinunciabile necessità della Chiesa domestica: è nel banchetto eucaristico che essa trova il vero nutrimento per crescere nell’amore e nella gioia. Il dono di Gesù, infatti, scaturisce dall’amore ed è finalizzato al fatto che noi abbiamo vita e ne abbiamo in abbondanza.
È in questo contesto che la famiglia può pregustare la perfezione futura e può intravedere la pienezza a cui è chiamata e attesa.
È naturale che tanto più forte sarà l’effetto sulla vita famigliare quanto più i suoi membri parteciperanno uniti alla comunione con Cristo.
L’esperienza è misurabile nelle nostre stesse case, dove abbiamo modo di vedere quali effetti positivi abbia per la famiglia la possibilità di condividere con serenità i pasti quotidiani.
Sempre in parallelo possiamo constatare come alla luce dell’Eucaristia acquisti nuova luce il significato del nostro mangiare assieme.
L’unità alla Chiesa Celeste prospettata ed auspicata per la Chiesa Universale ancora pellegrina sulla terra, vale certamente anche per la Chiesa domestica.
I fratelli e le sorelle che ci hanno preceduto in paradiso innanzitutto fortificano la nostra speranza, e illuminano l’orizzonte che ci attende alla conclusione di questo nostro cammino terreno, sponsale e famigliare.
E le loro virtù sono dinnanzi a noi, quale orientamento per poter meritare e raggiungere la nostra stessa beatitudine futura.
La loro vicinanza a Dio, inoltre, ci garantisce dei potenti intercessori.
Un effetto del tutto speciale scaturisce poi dal coltivare questa immagine beatifica in relazione ai nostri cari che ci hanno preceduto in paradiso; essi ora contemplano già la meravigliosa Trinità e sono finalmente in pienezza sua immagine e somiglianza. Di conseguenza ora ci sono vicini come mai lo sono stati nella vita terrena. Il coniuge, il figlio, il padre, la madre, la sorella, il fratello, l’amico che sono già al cospetto di Dio, sono al massimo grado nostro coniuge, figlio, padre, madre, sorella, fratello e amico.
Da quanto si è visto la Lumen Gentium offre alla Chiesa domestica un importante orientamento per portare avanti il proprio cammino verso la pienezza dei tempi; in questo prezioso documento vi è una traccia che è ancora tutta da comprendere a fondo e da sviluppare: questo è il nostro compito quotidiano. La preghiera, la Parola di Dio, e l’ascolto dello Spirito che in grazia del Battesimo è presente e operante in noi, sapranno sostenerci ed illumineranno i nostri passi verso la beatitudine senza fine.