LA CASA NEL MONDO BIBLICO
La moderna cultura tende a rinchiudere sempre più la fede nelle chiese, dove dovrebbe svolgersi ogni atto religioso. Sempre meno case prevedono una presenza ‘visibile’ del divino. Prevale nelle case l’idea dell’appartamento: appartarsi, privatismo, recinzioni, isolamento.
Per l’esercizio della religione la casa è diventata ‘laica’.
La famiglia cristiana che vi abita, difficilmente pensa a ciò che di grande e di religioso può fare ‘dentro’, ma ritiene necessario continuamente andare ‘fuori’: per la Messa in chiesa, gli incontri formativi in parrocchia, il catechismo dei piccoli nelle aule della parrocchia; e se pensa di ‘amare il prossimo’, va a fare il volontariato nei centri di assistenza pubblica (ospedali, ricoveri, case di accoglienza …)
Inoltre la casa si è progressivamente svuotata di importanza anche civile: oggi ‘fuori casa’ si nasce, si muore, ci si sposa, fuori andiamo quando siamo ammalati, vecchi; quando vogliamo fare ‘le cose importanti’. La casa diventa sempre più un dormitorio.
Sembra che tutto porti a concentrare l’interesse verso ciò che è pubblico; quello che può avvenire nelle case è considerato ‘privatismo’, intimismo: cose di scarsa importanza.
Stranamente questa mentalità ‘laica’ (cioè che divide religione e vita) va benissimo a braccetto con una brutta impostazione ecclesiale che chiameremo ‘clerocentrica’: cioè non si fa praticamente nulla di religioso se non dove c’è il prete (o persone addette) ad animare, dirigere, fare da supporto, in locali appositi.
In questa impostazione così diffusa quale posto può avere la spiritualità coniugale? Quale importanza religiosa e quale peso sociale può avere la famiglia nella storia della salvezza oggi? Ha senso allora di parlare di apostolato famigliare?
Eppure non è stato sempre così. Già qualche decennio fa il fenomeno era meno accentuato e nonostante tutto il clericalismo che dominava, le case erano in qualche modo luogo di trasmissione della fede e luoghi anche di preghiera.
Nel mondo biblico poi si può dire che la casa fu il luogo primario (forse) della manifestazione divina e il veicolo forse principale della costruzione del regno di Dio. Uno sguardo al tempo biblico e della chiesa primitiva sarà efficace per ‘sognare’ e progettare una impostazione diversa da dare alla nostra vita famigliare.
Nell’Antico Testamento notiamo come nelle dimore degli uomini (tende, case, luoghi dove vivono e lavorano le fami… ) si ebbero le manifestazioni centrali della rivelazione divina e l’esercizio della religione.
Un solo esempio. Ognuno ricorda le vicende della famiglia di Abramo; non Abramo come singolo, ma come vivente in una famiglia, con rapporti divini che coinvolgono non un individuo ma una famiglia e parentela. La visione dei tre ‘angeli’ davanti alla tenda, poco prima del pasto, con l’ospitalità, il mangiare, la promessa di un figlio …. è tipica. A chi appare Dio quando ha bisogno di rivelarsi; chi è il veggente? Un uomo o donna di casa, una famiglia; e la storia della salvezza passa negli ambienti e nella cultura casalinga.
Pensiamo alla Pasqua ebraica, nata, diffusa e totalmente impostata nelle case con un rituale anche abbastanza complesso, gestito dal capofamiglia anche se povero e ignorante. Chi conosce da vicino la “Haggadà pasquale” (il rituale della ‘cena ebraica’) avrà notato il ricco cerimoniale, le molte preghiere e i canti. Il tutto gestito non da un rabbino, ma dal papà di casa. Proviamo a immaginare l’effetto psicologico profondo che prova un bimbo o un adolescente nel guardare suo padre che costruisce una serata di quella portata, nel bel mezzo di una concreta e incarnata attività quotidiana come è il mangiare, il ritrovarsi in casa con tutti i famigliari, il bere, il cantare per lodare Dio per quello che Lui ci ha fatto.
Pensiamo allo stile di trasmissione della fede come viene anche raccomandato da Dio nello ‘Shemà Israèl’ (Ascolta Israele). È il testo biblico più famoso che dice a ogni israelita: “Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore ecc …. Questi precetti che oggi ti dò ti stiano fissi nel cuore, li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai .. li scriverai sugli stipiti della casa e sulle tue porte”.
Ecco descritto un ruolo centrale della famiglia nella evangelizzazione e nella costruzione di un popolo di Dio. Dio vuole che i padri nelle loro case e nel concreto dei ritmi quotidiani divengale strutture portanti (non le uniche certamente!) della fede.
La casa e le sue espressioni famigliari anche con Gesù hanno goduto di un posto davvero centrale.
Già il vangelo dell’infanzia presenta l’evento dell’incarnazione situato nell’ambito famigliare: Gesù non nasce in un convento, ma in una famiglia concreta, lontano dalle istituzioni pubbliche; è cresciuto e accudito in una casa normale. Trent’anni su 33 li vive nella sua casa. L’annunciazione dell’angelo a Maria avviene nella sua casa. I due cantici cristiani più importanti, quello della Vergine e quello di Zaccaria, non provengono da monasteri, ma nascono in due case: cantano la lode a Dio per la maternità e paternità; la gioia di un papa e di una prossima mamma per la nascita di un figlio.
Miracoli, predicazione ed eventi della vita di Gesù sono così spesso ambientati entro le quattro mura domestiche: è invitato in casa e lì succede che …. ; è invitato a pranzo e lì parla … ; è invitato a guarire; è invitato a nozze ecc ..
Nell’apostolato di Gesù la storia umana delle famiglie con i suoi eventi lieti (nascita, matrimonio) o eventi tristi (malattia o morti) si intrecciano con l’intervento divino e diventa storia della salvezza.
La stessa Eucarestia, che oggi è divenuta – si può dire – l’espressione religiosa più pubblica, ha avuto origine in una casa, con uno stile casalingo, nel bel mezzo del più domestico degli avvenimenti, il mangiare insieme.
Non diversamente la Chiesa primitiva considerò la casa, dato che in una casa avvenne il suo battesimo e non in un tempio (il giorno della Pentecoste). Certamente sia Gesù che i primi cristiani frequentavano il tempio e le sinagoghe, come le piazze e i campi, ma comunque resta prioritaria l’impressione che la comunità cristiana delle origini fosse una ‘chiesa domestica’ nel senso di chiesa a dimensione casalinga, domestica, famigliare.
Le case erano i luoghi di riunione. Le lettere di Paolo hanno un continuo ricordare le famiglie che ospitano le attività di chiesa. Si legga per intero l’ampio capitolo di saluti alla fine della lettera ai Romani … Bella la sintesi di Luca negli Atti “spezzavano il pane nelle loro case, prendevano i pasti con letizia e semplicità di cuore … “
È chiaro che la storia di oggi non può ricopiare quella di ieri.
Ma c’è da riflettere se nella impostazione della vita cristiana o della vita civile e sociale per sbaglio non si sia tralasciato qualche cosa di essenziale.
Se il discorso può sembrare unilaterale è perché ci pare di notare una ‘ruota sgonfia’ nella macchina che oggi sostiene la Chiesa di Cristo: è la ruota della casa; e questo ritiro spirituale potrebbe contribuire a ridare la ‘giusta pressione’ e riequilibrio.
Concretamente proviamo a ‘sognare’ tempi e modi che il Signore potrebbe concederci di vedere realizzati:
ecco quei due sposi che leggono ogni giorno un po’ di vangelo e quindi si aiutano nella crescita della fede, nella loro casa ….
quei due genitori comprano il libro della CEI “Il catechismo dei bambini”; vogliono essere i primi responsabili della educazione religiosa e morale dei loro figli; e con quel sussidio … ci provano;
lei, che non può collaborare nella parrocchia o società perché deve restare in casa a causa dei bambini piccoli, lei potrebbe accordarsi col parroco per fare il catechismo ‘parrocchiale’ nella sua casa al suo bambino e a quello di alcuni vicini;
quella coppia potrebbe introdurre nella sua casa la preghiera: preghiera della coppia, l’angolo di Dio, la preghiera della mensa, la benedizione serale dei figli …
Cosciente del comandamento dell’amore e di essere apostoli, la coppia a partire dalla casa può fare un mondo di bene agli altri: aiuto materiale e morale a una famiglia o coppia in difficoltà; oppure apertura al vicinato (saluto, reciproci piaceri, invitare o andare a feste e anniversari, momenti di malattia, lutto … )
Quello che vien detto ora non è in alternativa a quanto deve essere fatto in parrocchia. Anzi proprio questo ‘risveglio’ del cristianesimo vissuto nelle case produce maggior bisogno della parrocchia, del suo servizio di sussidiazione, coordinamento ecc .. In una parrocchia in cui i genitori sono poco cristiani nella propria casa il parroco avrà ben poco da coordinare e aiutare.
Dove invece ci sono famiglie più vive e più interessate alla vita religiosa (già nella casa), queste sentiranno il bisogno di essere spesso aiutate dal prete e dai suoi servizi comunitari. E poi una cosa è quanto vien fatto in casa ed altro è ciò che vien fatto in coà. Ambedue gli aspetti sono essenziali.
Ma c’è di più. Se anche ci fossero tutti gli sposi capaci di dare buona educazione ai loro figli e vivere la fede in casa, essi stessi poi e i loro bimbi avrebbero comunque bisogno di ‘andare in parrocchia’ per sviluppare il senso ecclesiale della loro fede e della loro carità. Anche da un punto di vista umano infatti si sa quanto è utile il senso sociale che proviene dal contatto con gli altri (scuola, gioco, confronto impegno politico, aiuto ai bisognosi ecc ….. ).
Per concludere ci esprimiamo con una immagine quasi visiva. Proviamo a immaginare il nostro paese (o città) visti dall’alto: da un elicottero per esempio; di sera, senza luci … tutto buio.
In una prima scena immaginiamo come un punto luminoso, un fuoco, una luce concentrata lì, in corrispondenza del luogo dove stiamo pregando nell’ora della Messa. I cristiani qui esprimono insieme la loro fede. E dall’alto con gli occhi della fantasia vediamo come una intensa luce, una luce concentrata lì mentre tutti sono in preghiera.
È la Chiesa riunita comunitariamente; è presenza di Dio; è un concentrato di grazia.
Ma poi ecco una seconda scena. La Messa finisce e i cristiani tornano nelle loro case; e portano la luce e accendono il loro focolare d’amore. E chi vive in Dio … ecco .. che rende luminosa la sua casa. Ed allora dall’alto, con gli occhi della fede, si potrebbe vedere accendere tanti focherelli in tante case.
È la casa che è calda dentro; è luminosa perché dentro c’è il bene; c’è Dio. C’è il perdono; c’è la collaborazione nel bene … Dall’alto dunque vedremmo tanti, tanti punti luminosi. Non più un sol fuoco luminoso al centro, ma una luce diffusa in tutto il paese o nella città o nel territorio.
È la chiesa nelle domus, nelle case. È la Chiesa dislocata nel territorio. Non è la comunità cristiana della domenica all’ora della Messa; ma la comunità di tutte le ore della settimana; quando noi viviamo bene, col Signore con noi, nelle consuete ordinarie occupazioni.
Ebbene è questo il nostro ‘sogno’: una chiesa domestica, a misura famigliare. Un sogno che si può realizzare con una crescita di coscienza soprattutto del valore del matrimonio-sacramento.
Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia.
Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia.
Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia.
Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande». (Mt, 7.21)