“Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini…Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto, e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.”
Sono indicazioni molto chiare, che Gesù dà ai suoi discepoli nel discorso della montagna, quando contrappone la novità del messaggio evangelico ai tanti aspetti farisaici della tradizione.
Certo, c’è tutta una interpretazione simbolica di questa camera: vuol dire entra dentro di te, raccogliti, chiudi la porta ad ogni distrazione, ma perché non intenderla anche in senso letterale, dando ad un luogo concreto della nostra casa il compito di introdurci al rapporto personale, segreto, con Dio?
L’immagine della camera in cui si entra, chiudendo la porta, rischia di non essere presa in considerazione, di sfuggirci, proprio per la sua semplicità, perché troppo banale, eppure può essere il primo mezzo per realizzare tutti quei valori di interiorità e di disponibilità che vengono considerati essenziali nella preghiera.
Non occorre essere né ricchi, né colti, né celibi, né eremiti, per avere nella nostra casa una camera dove fermarsi a pregare. Anzi il termine camera richiama subito alla mente la camera nuziale, dove ogni coppia gode di una certa riservatezza, anche se vive nella dispersione quotidiana di una città moderna.
Entrarvi e chiudere la porta, solo dopo aver compiuto questo gesto così semplice si può passare alla ricerca di quel Dio che vede nel segreto.
Non si prega solo nelle chiese, o in spirito e verità, ma si prega molto realisticamente in piedi, in ginocchio, seduti, comunque in una posizione di stabilità, in un luogo dove si può escludere ogni sollecitazione esterna, dove, se lo si vuole, si può sempre trovare il silenzio, dove Dio ci aspetta.
Forse non ci rendiamo abbastanza conto che dove c’è l’uomo c’è anche Dio e, dove l’uomo si ferma in attesa, Lui accorre, come l’aquila per ghermire la sua preda.
Ci sono dei momenti forti in cui si deve pregare, specialmente in coppia, ma per ora ci limitiamo a dire che ci deve essere un luogo per la preghiera e che a tutti è possibile averlo, purchè lo si cerchi.
Quante volte ci siamo rammaricati che per gli sposi desiderosi di una intensa vita spirituale non ci siano tutti gli aiuti ed i condizionamenti positivi che esistono per i religiosi! Abbiamo lamentato in realtà la nostra mancanza di iniziativa, di creatività, di responsabilità in un campo che ci interpella, richiedendoci di fare ciò che non è codificato, che non ci è proposto o imposto dall’esterno secondo ritmi e tempi prestabiliti, come avviene nei conventi, ma che può essere realizzato utilizzando la grande libertà che possiedono i figli di Dio.
Quando due sposi preparano la loro casa, aiutati dalla benevola sollecitudine dei parenti, si preoccupano giustamente che tutto sia predisposto per vivere nel modo migliore i diversi momenti della loro giornata, che ci sia tutto quello che serve e anche qualcosa in più, ma, francamente, quanti si preoccupano di dare un luogo alla preghiera? Si può pregare dappertutto, si pensa, certo, come si può mangiare, dormire, studiare dappertutto, ma sappiamo che ciò non è vero, che se le nostre attività non sono favorite dall’ambiente è ben difficile si realizzino bene.
Basta pochissimo per avere un luogo di preghiera: un’icona e qualcosa su cui fermarsi, un cuscino, uno sgabello, un piccolo tappeto e una porta che si possa chiudere, e lì Dio ci aspetta.
E’ tanto semplice, ma è anche tanto importante ed essenziale, come sono tutte le parole di Gesù:
“Entra nella tua camera e chiudi la porta.”
Quando arrediamo la nostra casa prepariamo un posto per la preghiera che, con la sua presenza, ci richiami all’incontro e ci inviti a riallacciare, più spesso e più profondamente possibile, quei legami con Dio che fanno della nostra coppia una coppia religiosa.
Fonte (http://www.amoreconiugale.it/)